Don Giuliano: l’Ambrogino riconosce i meriti dell’intera Comunità

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19 11 2015
(a cura d Mario)
«Nell’esperienza del Refettorio Ambrosiano, la nostra comunità ha saputo accogliere, ascoltare, guarire le paure e le ansie del quartiere e della città. Con l’assegnazione dell’Ambrogino, Milano riconosce come il Refettorio sia un ponte offerto a tutti, una tavola attorno alla quale incontrarsi, guardarsi negli occhi, dialogare, conoscersi. Rispondere alla fame del corpo e a quella dello spirito. Uno spazio dove poter sognare. Un luogo di creatività per il bene di tutti».
 
Sono le parole con le quali don Giuliano Savina, il nostro parroco di Greco e responsabile della Comunità pastorale Giovanni Paolo II, spiega e in un certo senso giustifica l’assegnazione dell’Ambrogino d’oro che lui stesso ritirerà la mattina del prossimo 7 dicembre sul palco del Teatro Dal Verme. È un riconoscimento, quello dell’Ambrogio d’oro, di cui andare fieri anche come Comunità pastorale ma che – riconosciamolo – senza don Giuliano, senza il suo entusiasmo, la sua caparbietà e la sua generosità a metterci per primo la faccia forse non avremmo meritato.
 
In un’intervista apparsa questa mattina su Avvenire (la potete leggere QUI) don Giuliano si schermisce: «Quando ho saputo dell’Ambrogino – confessa – mi è tornato in mente il passo degli Atti degli Apostoli dove si offre il ritratto della prima comunità cristiana e si dice che godeva della 'simpatia di tutto il popolo'. Anche la gente di Greco ha accolto con gioia la notizia. Una gioia profonda e autentica, perché consapevole delle ragioni che alimentano l’esperienza del Refettorio, e come sia positivo che Milano le abbia riconosciute. Tutto questo dimostra come il Vangelo è contagioso, come il bene e il bello sono contagiosi. Come sia possibile sconfiggere la paura quando riesci a dare alle cose il loro nome. Riconoscendo così la dignità e l’umanità di ciascuno. Gesù parte sempre dai bisogni, dalle domande, dalle paure delle persone. Come comunità cristiana siamo chiamati a fare lo stesso».
 
E come comunità cristiana confessiamo le nostre colpe e le nostre debolezze. E chi, da buon pastore, ci ha guidato a comprendere il significato più profondo del Vangelo.
 
 
 
 
 
 
 
 

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