Il Vangelo della domenica – 23
Il buon pastore è tale
perché muore per le pecore
Il buon pastore è tale
perché muore per le pecore
di don Pino
Vieni, Spirito dell’ascolto, vieni in mezzo a noi, scendi su di noi, visita ogni cuore ed ogni mente… Vieni, Spirito che ci conduci all’esperienza della Pasqua del Signore Gesù.
La voce e il chiamare sono espressioni che si riferiscono all’annuncio del Vangelo, alla rivelazione che Gesù è venuto a portare, perché Gesù fa un ministero della parola, fa risuonare la sua voce. (per leggere il brano evangelico clicca sull’ìmmagine a sinistra).
È l’ascolto della voce, e la ricezione di quella parola che Gesù dice, a costituire i credenti come gregge e a svelarli come pecore di quel gregge. L’appartenenza a quel gregge è legata al fatto che i credenti riconoscano la sua voce e ascoltino la sua parola. Ciò fa dei credenti il suo gregge.
Io sono il buon pastore e pongo la mia esistenza a vantaggio delle pecore. Gesù non sta dicendo di essere una brava persona e che un giorno questa brava persona morirà. Il senso della frase di Gesù è che il buon pastore è tale soltanto perché muore per le pecore. Non c’è altro modo, per lui, di essere un buon pastore.
La morte accettata ed accolta per il bene delle pecore fa di lui il buon pastore. Gesù è pastore mediante la sua morte.
A Gesù, che porta le pecore al pascolo, sta molto a cuore l’unità del gregge. Questa è per lui la sua funzione fondamentale di pastore. È il pastore che raccoglie le pecore e le tiene insieme. Secondo queste parole del Vangelo, è la morte di Gesù che crea tale condizione di unità. Quale pastore dà la vita per le pecore? Nessuno! Nessun pastore pagherebbe il prezzo della propria vita per l’unità del gregge.
Perché è così importante l’unità per Gesù, tanto che lui è il pastore che muore per fare l’unità del gregge? Gesù dice il lupo rapisce e disperde le pecore… La preoccupazione di Gesù è proprio la dispersione, la frantumazione del gregge. Già questo rivela che la preoccupazione fondamentale è l’unità: che ci sia un gregge raccolto nell’unità. Questo pastore dà la propria vita di uomo, la propria esistenza per il bene delle pecore e il bene delle pecore consiste essenzialmente nel fatto che esse siano raccolte nell’unità. La morte di Gesù, buon pastore è il principio di unità degli uomini.
Unità è un modo per dire comunione, la comunione nell’amore che lega il Padre al Figlio: l’essere uno è la condizione di Dio, condizione di comunione nell’amore. È un’unità che compone i due in una comunione profondissima.
Grazie a quella morte, agli esseri umani è data la possibilità di entrare in quel mistero di comunione di amore che da sempre lega il Padre e il Figlio. Se accogliamo la morte di Gesù, allora in essa sperimentiamo la manifestazione dell’amore di Dio per il mondo e questo ci attira dentro quell’amore, ci rende partecipi di quella comunione che lega il Padre al Figlio. Davvero la morte di Gesù raccoglie i credenti nell’unità: guardando a Gesù in croce, contempliamo l’amore di Dio per il mondo e siamo chiamati e raccolti a far parte di quell’unità d’amore che lega il Padre al Figlio.
Gesù ha anche altre pecore le quali non sono dell’ovile di Israele, perché provengono da un’altra parte, però anch’esse sono pecore di Gesù; rivolgerà la sua voce anche agli altri, a tutti gli esseri umani, affinché chi ascolta la sua voce e la riconosce lo segua. Così diventeranno un unico gregge a motivo dell’unico pastore. L’unità è costituita dal fatto che c’è un unico pastore la cui voce tutti ascoltano. È nell’ascolto della sua voce che si forma l’unità del gregge, non nella chiusura dentro all’ovile. Tanto le pecore che sono dentro all’ovile, quanto quelle che non sono dentro all’ovile, compiono un’azione fondamentale: ascoltano la sua voce. Questo ascolto le raccorda tutte a quell’unico pastore che è Gesù che parla, ed è l’unicità del pastore che allora forma l’unità del gregge. Questa unità è pensata come un’unità in cammino. L’unità non si fa fermandosi dentro un recinto, bensì accettando di mettersi in cammino dietro al pastore del quale si ascolta la voce.
Gesù chiude il suo discorso insistendo sul porre la sua vita per le pecore. Il buon pastore è tale proprio per questo. Si tratta di un atto assolutamente libero. Gesù dice chiaramente che nessuno gli toglie la vita, è lui che depone la sua vita liberamente e per amore. È proprio nel fatto che è un atto libero, accolto per amore, che quella morte diventa manifestazione del mistero di Dio perché abbiamo la vita e l’abbiamo in abbondanza.
Alcune domande per entrare nell’ascolto di questo Vangelo:
- qual è la nostra esperienza di ascolto della voce del pastore buono?
- In che senso e che modo il nostro ascoltare la sua parola ci fa diventare suo gregge?
- Cosa mi dicono le parole di Gesù: io pongo la mia vita per le pecore? Quale esperienza ne faccio?
- Immaginiamo di ritrovarci nel gregge di questo pastore: cosa raccontiamo di lui, della sua voce, del suo chiamarci ciascuna per nome, del suo portarci fuori dal recinto, della sua passione per l’unità del gregge, del suo dare la vita, della sua comunione con il Padre… Tra di noi e con tutti raccontiamo, raccontiamo di Lui, il pastore buono…