27 gennaio: Giornata della Memoria

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24 01 2014

(a cura di Silvia)  Il 27 gennaio, Giornata della memoria, è senza dubbio la giornata mondiale più celebrata in tutto il mondo. Si commemora il giorno della liberazione del Campo di concentramento di Auschwitz avvenuta nel 1945 da parte dei soldati dell’Unione Sovietica.

Nonostante alcuni paesi, tra cui l’Italia, celebrassero questa giornata già da anni, nel 2005 una risoluzione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha stabilito che tutti i membri dell’Organizzazione (cioè quasi tutta la comunità internazionale) mettessero in atto programmi, eventi, approfondimenti per perseguire lo scopo del 27 gennaio: perpetuare la memoria dell’Olocausto e soprattutto educare le nuove generazioni, attraverso la continua memoria delle vittime ebree e dei giusti (con il terminegiusto, traslitterato Chasidei Umot HaOlam, si indicano i non-ebrei che durante lo sterminio perpetrato da Hitler, hanno agito rischiando la propria vita per salvare gli ebrei dalla Shoah, leggi più avanti).

A Milano sono molte le iniziative organizzate in questa occasione.
Eccone alcune:

Memoriale della Shoah al Binario 21 della stazione Centrale (necessaria la prenotazione):

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e
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Milano ricorda la Shoah, Sala Verdi del Conservatorio, 27 gennaio ore 20:

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PER NON DIMENTICARE, Oltre il Male, ricostruire la speranza, Centro Missionario PIME, via Mosè Bianchi,
mercoledì 29 gennaio ore 21

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I Colori della Memoria, 25-27 gennaio 2014

iniziative varie promosse dal Consiglio di Zona 9 per celebrare la Giornata mondiale della Memoria: teatro, musica cinema, libri e una serie di incontri tutti  dedicati al tema del razzismo e della violenza etnica; dell'antisemitismo e dello sterminio degli ebrei, di zingari, omosessuali, disabili durante la seconda guerra mondiale; della solidarietà e della lotta resistente nei quartieri di Zona 9 dal 1943 al 1945.

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La Giornata della Memoria è anche occasione di conoscere protagonisti di quegli anni che, in diversi modi, hanno salvato vite o, anche nei campi di concentramento e davanti alla morte, hanno portato avanti istanze di libertà, di non discriminazione e solidarietà.

Tra questi:

Etty Hillesum: è una scrittrice olandese, morta ad Auschwitz il 30 novembre del 1943. Laureata in giurisprudenza ad Amsterdam, comincia a studiare psicologia ma i suoi studi vengono interrotti a causa della guerra. Durante gli ultimi anni di vita, non cessa di scrivere un diario personale. Dai suoi scritti emerge una personalità in un primo tempo molto complicata e problematica ma, dopo l’incontro con uno psicologo ebreo tedesco, si avvicina alla fede e a Dio. Nel 1942 lavora come dattilografa in una sezione del Consiglio Ebraico. Grazie a questo incarico avrebbe avuto la possibilità di salvarsi dalla Shoah, ma decide autonomamente di vivere la stessa sorte del popolo ebraico e si avvia insieme agli altri ebrei resi prigionieri durante la prima retata ad Amsterdam. Sapendo che non le rimaneva molto tempo da vivere, fa promettere ad un’amica di nascondere i suoi diari e di farli pubblicare quando la guerra si sarebbe conclusa. I suoi scritti sono stati pubblicati nel 1981.

Trovo bella la vita, e mi sento libera. I cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile, ma non è grave. Dobbiamo prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sé: e "lavorare sé stessi" non è proprio una forma di individualismo malaticcio.

Una pace futura potrà esser veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in sé stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo. È l'unica soluzione possibile. E così potrei continuare per pagine e pagine. Quel pezzetto d'eternità che ci portiamo dentro può esser espresso in una parola come in dieci volumi. Sono una persona felice e lodo questa vita, la lodo proprio, nell'anno del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra.

(20 giugno 1942, Diario, pp. 126-127)

Per maggiori informazioni clicca qui

Janus Korczak: è un medico, pedagogo e scrittore polacco, morto nel campo di sterminio di Trzeblinka il 6 agosto del 1942. Spende tutta la sua vita a favore dei bambini, attraverso la costruzione e la gestione di un orfanotrofio, un programma radio per genitori ed educatori mandato in onda durante la prima guerra mondiale e la pubblicazione di molteplici libri (“Il diritto del bambino al rispetto”, “Come amare il bambino”, ecc). Il 5 agosto del 1942 viene deportato, insieme a tutti i bambini dell’orfanotrofio del Ghetto di Varsavia, nel campo di Trzeblinka. Mentre i bambini escono dall’istituto ben vestiti e mano nella mano, Janus viene riconosciuto dagli ufficiali e trattenuto perché, essendo un intellettuale polacco, avrebbe potuto salvarsi dal genocidio. Il pedagogo rifiuta fermamente e segue il destino di tutti i “suoi” bambini.

Una delle sue poesie:

“Dite:

è faticoso frequentare i bambini.

Avete ragione.

Poi aggiungete:

bisogna mettersi al loro livello,

abbassarsi, inclinarsi, curvarsi, farsi piccoli.

Ora avete torto.

Non è questo che più stanca.

E’ piuttosto il fatto di essere obbligati ad innalzarsi

fino all’altezza dei loro sentimenti.

Tirarsi, allungarsi, alzarsi sulla punta dei piedi.

Per non ferirli.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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