Caritas della Comunità
Nella nostra Comunità pastorale esistono alcuni servizi che sono espressione concreta di adesione a quella cura ed attenzione verso i piccoli espresse nella nostra tradizione dalle sette opere di misericordia corporale.
Per conoscere queste realtà potete scaricare la brochure che abbiamo realizzato o andare nelle pagine dedicate (dal menù qui a fianco o cliccando sulle immagini qui sopra).
Qui sotto invece trovate il testo che esprime i criteri e lo spirito dell’espressione della Carità nella nostra Comunità.
I fondamenti della Caritas nella nostra Comunità pastorale
Con il costituirsi della nostra Comunità Pastorale, è diventato importante impostare l’azione pastorale di medio-lungo periodo al fine di ricollocare in una posizione non accessoria l’ambito caritativo, restituendogli dignità al pari della liturgia e della catechesi.
“Di per sé la carità dovrebbe essere il suggello, l’espressione più piena e il momento supremo di verifica dell’autenticità della comunità cristiana. E’ frequente invece nelle nostre comunità l’atteggiamento della delega. Tanti cristiani ritengono l’esercizio concreto della carità verso chi è nel bisogno come un fatto facoltativo, che va delegato a chi ha tempo o doti o inclinazione a far questo. E’ vero che un gruppo animatore è normalmente indispensabile per suscitare e coordinare i servizi della carità, ed è vero anche che alcuni settori caritativi esigono interventi specializzati, da riservare a persone preparate. Ma è anche vero che il tessuto della carità quotidiana, in cui si esprime la vitalità di una comunità, richiede il contributo personale di tutti. Se ogni credente si impegnasse in un quotidiano servizio della carità e se tutti i credenti fossero abituati a confrontarsi tra di loro, a comunicarsi nella fede le esperienze di carità, a completare reciprocamente le proprie lacune, nascerebbe una vita di Chiesa più pronta a rispondere ai bisogni della società con la luce e la forza del Vangelo”. (C.M.Martini, Farsi Prossimo, Piano Pastorale 1985/86).
L’esercizio della carità cristiana non riguarda qualcun altro, l’ “esperto”, riguarda me: questa la conclusione della riflessione sin qui svolta. Il primo frutto della conversione che il cammino verso la Comunità Pastorale chiede è un deciso impegno a farmi carico della mia responsabilità di essere cristiano, non delegabile ad altri. Questo non chiede immediatamente la partecipazione ad una delle varie iniziative operative “organizzate” delle nostre Parrocchie e della Comunità Pastorale: certo, anche un contributo in questo senso è il benvenuto. Si tratta prima di tutto, come appena letto, di far crescere il tessuto della carità quotidiana, in cui si esprime la vitalità di una comunità: e questo richiede il contributo personale di tutti.
Da questo, deriva per gli adulti (non solo quindi per operatori specifici di qualche gruppo caritativo) la necessità di ri-fondare il perché dei gesti di servizio e di carità verso il prossimo, che non passano solo (ma anche, certo) per il portafoglio. Ci guideranno in questo lavoro – con gli opportuni aggiornamenti di contesto – le ben note “opere di misericordia spirituale e corporale” che la tradizione della Chiesa ci ha consegnato come preziosi stimoli.
Il lavoro di riprogettazione dell’ambito caritativo, a cura dell’apposita Commissione, si muove attorno a tre momenti:
Prima di tutto, l’ascolto…
Il primo sguardo da dare è alle necessità di chi attraversa il territorio delle nostre parrocchie. Per farlo, rimane valido ed efficace lo strumento del Centro d’ascolto, che riesce a intessere quel minimo di relazione a partire dalla quale il farsi prossimo può evitare di trasformarsi in un mero fare la carità.
Tuttavia, è necessario affiancare a questo anche una rilevazione attiva dei bisogni: stiamo valutando forme e modalità di raccolta dei dati, nel rispetto della privacy degli interessati, al fine di intercettare i veri bisogni di tanti fratelli e sorelle.
… poi i criteri …
In presenza di una sproporzione fra domanda (povertà) e offerta (mezzi, volontari), anche confidando nella Provvidenza bisogna darsi delle priorità. E queste sono frutto di criteri pastorali.
Questi criteri sono stati affidati alle varie Commissioni dai due Consigli Pastorali Parrocchiali. Essi riguardano sia il Progetto Pastorale della futura Comunità Pastorale nel suo complesso, sia i vari ambiti, fra cui quello caritativo. Possiamo così riassumerli:
- missionarietà: un progetto per poter annunciare meglio il Vangelo alle persone che abitano nel nostro territorio
- prevalenza del futuro sull’ “abbiamo sempre fatto così, già fatto”: uscire dalla schiavitù per entrare nella terra promessa
- comunionalità: un progetto per una comunità che attira e anche così evangelizza; un progetto che favorisca la partecipazione del maggior numero dei parrocchiani e non solo dei “soliti pochi”, secondo il principio “fare meno, fare meglio, fare insieme”;
- territorialità: un progetto indirizzato alle persone che abitano nel nostro territorio e realizzabile in questa dimensione
- realizzabilità: ciò che si scrive non lo si scrive per metterlo in una scaffale, ma per cercare di realizzarlo nei prossimi anni: questo significa anche proporzione del progetto rispetto alle forze, risorse e possibilità della CP
- non sovrapposizione/sostituzione: se altre strutture – civili o religiose – operano già a livello decanato o zona pastorale con professionalità e mezzi in un ambito caritativo, contribuisco a rafforzare queste strutture, senza crearne come parrocchia di nuove
- diocesanità: è la Diocesi che ci invita alla CP, quindi occorre preoccuparsi di un raccordo con essa
… infine le scelte!
Sulla base di quanto sopra, procederemo a proporre le conseguenti scelte, sia in termini di micro-proposte da rivolgere a tutti i fratelli e le sorelle che costituiscono la nostra comunità cristiana, sia in termini di presenza organizzata in gruppi caritativi.