Il Ramo di Mandorlo n. 16/2016

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23 04 2016
Un viaggio diverso dagli altri, dice il Papa ai giornalisti sull’aereo; viaggio segnato dalla tristezza. Andiamo a vedere tanta gente che soffre e non sa dove andare. È questo lo stato d’animo con il quale Francesco ha affrontato la visita all’isola di Lesbo, al Centro di Moria dove sono rinchiusi i rifugiati in fuga dalla guerra, dalla fame e dalla violenza. Rifugiati bloccati in attesa che l’Europa decida della loro sorte.
  
Siamo tutti migranti, ricorda Francesco, che percorre lentamente gli spazi del Centro, per stringere più mani possibile, per accarezzare volti segnati dalle rughe e dalla sofferenza, volti di bambini, di ragazzi.
 
Una donna piange in ginocchio e chiede al Papa di aiutarla. Un uomo con voce rotta dal pianto chiede una benedizione. Non sembra voler smettere di piangere, di chiedere. Poi è un bambino che gli consegna un disegno; ne arrivano altri. «Li porterò con me», dice Francesco: «Lo terrò sulla mia scrivania». Stringe mani Francesco, gesti di tenerezza, di condivisione: «Siamo venuti per richiamare l’attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la soluzione». e ancora: «Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanità».
 
Sul Ramo di Mandorlo di questa settimana la cronaca della visita raccontata da Fabio Zavattaro sul sito della Diocesi.
 
 

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