2016 – Il Ramo di Mandorlo
n. 34 del 30 ottobre
n. 34 del 30 ottobre

“Chi può sapere come la morte ci verrà incontro? Che occhi avrà? Avrà i nostri occhi, come chiedeva Pavese? Certamente la morte è davanti a noi, impossibile da rimuovere quando si è nella vecchiaia, e ritorna alla mente in modo particolare in questi giorni di novembre nei quali non a caso ricordiamo i nostri morti, visitiamo il luogo dove sono sepolte le loro spoglie, compiamo gesti di affetto, portando fiori o accendendo lumi, quasi per consolare i nostri poveri cari” . È il pensiero di Enzo Bianchi il priore del Monastero di Bose che ha affidato queste riflessioni alla rivista Jesus e che riportiamo in prima pagina del Ramo di Mandorlo di questa settimana.
“Anche la stagione – continua Enzo Bianchi – sembra accompagnare questi nostri pensieri: le foglie cadono, gli alberi si spogliano fino a simulare la morte, la luce si fa tenue, breve e sovente nebbiosa, opaca. La morte si avvicina sempre di più, anche se non sappiamo prevedere: sarà improvvisa e ci sorprenderà mentre ci gustiamo la vita o l’amore? Ci verrà incontro nella malattia, che diventa così un “apparecchio” per morire, cioè una preparazione alla morte stessa? Ci vincerà dopo una lunga e penosa mancanza di coscienza? Sarà una morte addirittura invocata, a causa della sofferenza che ci accompagnerà nelle ultime, ma a volte lunghissime, ore? Si fa presto a dire: non pensiamoci! È invece umano riflettere, prepararsi, perché questo viaggio senza ritorno raggiungerà con il suo senso e il suo significato il nostro cuore: viaggio di ciascuno di noi, viaggio di chi amiamo; viaggio da cui, in ogni caso, non siamo esenti”.
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